Fermo lo sfondo rappresentato dall’Huntington, si muovono in primo piano storie di persone, di famiglie, di relazioni, sconosciute tra loro, che dopo poco, dopo poche parole, talvolta solo guardi, sembrano come toccarsi, riconoscersi, capirsi.
È quello che è avvenuto durante l’appuntamento di sabato scorso 10 giugno – finalmente in presenza – con le famiglie del Veneto, presso il Centro medico-culturale G. Marani dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona.
L’Huntington è una malattia complessa: per la trasmissibilità di generazione in generazione, affidata alla percentuale del 50% come possibilità di ereditarla dal proprio genitore; per la comparsa non temporalmente programmabile nel ciclo della vita, dopo quelle fasi di ipotesi e attesa, capaci inevitabilmente di avere già un certo effetto nella propria e altrui storia; per il cambiamento che genera, non solo nel corpo spesso più evidente, ma anche nell’essere del malato, nella sua quotidianità come nei suoi rapporti; per lo stigma e la vergogna, il silenzio e la negazione con cui le famiglie ancora oggi convivono, chiudendosi su sé stesse, come se fosse possibile reggere tutto questo quali atomi indipendenti, separati l’uno dall’altro.
La Presidente Elisabetta Caletti ha aperto l’incontro illustrando i diversi servizi che gratuitamente mettiamo a disposizione per le persone coinvolte dalla malattia, in particolare per i caregiver: dal sostegno psicologico individuale, all’orientamento sociale, dai gruppi di supporto per familiari allo sportello legale, passando per le attività di informazione e sensibilizzazione per far conoscere una malattia poco conosciuta.
Sono poi intervenuti:
- per conto di AOUI Verona, presso la quale si è costituita una specifica equipe Huntington: il neurologo Tommaso BOVI, il direttore della Neurologia Bruno BONETTI, la psichiatra Katia DE SANTI con il genetista Alberto TURCO e a chiudere Stefano MILLERI, Direttore Centro Ricerche Cliniche;
- per il Team Segni – con cui è stata avviata una collaborazione per maggiori indicazioni rispetto ai servizi attivi del territorio – la Dott.ssa Laura Taurisano.
Erano inoltre presenti Sara Falsiroli e Elisa Zoldan, tra le autrici di Rockstar. Il coraggio di darsi la possibilità, un piccolo albo illustrato che parla di Huntington senza mai citarla. (acquistalo qui)
Nello spazio a seguire sono state le domande a passarsi il testimone: se alcune hanno avuto nei professionisti il destinatario individuato, altre – nella stanza circolare che ci ha ospitato e che permetteva di vederci tutti – sono state formulate semplicemente ad alta voce e così è un alternarsi rispettoso di esperienze personali, pareri specialistici, dubbi condivisi come buone prassi.
Tra le righe di chi parla ma anche di chi non ce la fa, non se la sente, c’è tutta la stanchezza di chi si prende cura: l’impotenza rispetto alla malattia, alla sua presenza, alle sue conseguenze sulla persona che si ama, l’incredulità che altri capiscano senza terminare la frase ma anche che ci siano famiglie Huntington, diverse dalla propria.
Scopo di questi incontri è proprio quello di fare rete: una rete capace di avvicinare l’associazione alle istituzioni, l’associazione con gli operatori della cura e dell’assistenza, l’associazione con quanti stanno vivendo la malattia. Questo perché l’Huntington non è un affare privato: solo una rete che mette in dialogo tutte le persone che la malattia coinvolge, che pone davanti alla stessa non un io ma un noi, può nel suo intrecciarsi e ampliarsi, prendersi cura in attesa di una cura.