Poter partecipare al convegno svoltosi a Barranquilla è stata un’esperienza unica per me, perché dopo l’evento di Roma nel 2017 non solo ho potuto riabbracciare moltissime delle fantastiche persone già incontrate – e di conoscerne altrettante, altrettanto stupende – ma soprattutto perché mi ha dato modo di poter toccare con mano, al di fuori di quel contesto straordinario (inteso come non ordinario) che fu l’udienza Papale, il grande impegno, la trascinante e contagiosa passione che tante, tante persone dedicano alla lotta contro questo male, e soprattutto alla cura dei malati. […] È stato quindi per me un onore poter documentare un evento di cosi grande portata storica e poterne raccontare la quotidianità, la bellezza dei nuovi incontri, la speranza dei malati nella ricerca e la loro grandissima forza d’animo, il loro coraggio nell’affrontare la sfida dell’Huntington…” Pier Paolo – Huntington Onlus.
Si è concluso con il ritorno del team di Huntington Onlus la scorsa settimana, il nostro viaggio in Colombia, durante il quale abbiamo preso parte al primo Latin American HD Congress, organizzato da Factor-H e HDdennomore e promosso dalla CAN – Associazione Colombiana di Neurologia.
Abbiamo accolto l’invito con entusiasmo, lavorando ogni giorno a fianco dei malati e delle loro famiglie e impegnandoci per generare reti virtuose che, al di là del territorio di appartenenza, trovino nello scambio di competenze e nel supporto reciproco, una fattiva possibilità di generare consapevolezza sull’Huntington e costruire risposte che possano migliorare la qualità di vita di tutte le persone coinvolte dalla malattia.
All’evento di carattere internazionale hanno partecipato scienziati, medici, familiari e associazioni provenienti dall’America latina così come da Italia, Spagna, Stati Uniti, Inghilterra e Svizzera, affrontando tematiche mediche, scientifiche e sociali, nella volontà di mettere in dialogo i diversi punti di vista, per un lavoro di presa in carico della malattia.
Il convegno – nelle parole di Ignacio Muñoz Sanjuàn, fondatore di Factor-H – è stato “una chiamata ad una unione e solidarietà internazionale per chiedere ai paesi una maggiore attenzione per questa malattia”, soprattutto per tutte quelle famiglie che vivono contesti di estrema vulnerabilità, dove la malattia è ancora avvolta da stigma, superstizione e scarsa conoscenza. Infatti – aggiunge Ignacio – “nel nome Fattore-H, la H sta a significare 3 cose: Huntington, Humanity, Hope, ma anche la parola factor è simbolica, il fattore umano che tutti noi che lavoriamo con la malattia abbiamo.”
A sottolineare questa volontà di essere vicini, ridurre le distanze, condividere le reciproche esperienze, i partecipanti sono stati poi portati nel cuore della realtà Colombiana.
Lunedì 9 abbiamo visitato l’Ospedale di Juan de Acosta, nella zona nord-occidentale del paese, dove sebbene la percentuale di malati sia tra le più alte al mondo – la cittadina è seconda solo ai villaggi del Venezuela – c’è poca consapevolezza della malattia e un’accettazione passiva della propria condizione.
“È un ospedale dove di solito non ci sono malati, le istituzioni non hanno l’attenzione dovuta per nessun tipo di malato. In questa giornata l’ospedale si è riempito: i neurologi hanno messo a disposizione il loro tempo e le loro capacità per poter accogliere e visitare i malati di Huntington. Ne abbiamo incontrati diversi, in diverse fasi della malattia e la cosa che colpisce maggiormente è il totale abbandono non solo per quanto riguarda l’aspetto medico, ma soprattutto per quanto riguarda l’aspetto sociale.” – racconta Maria Grazia Fusi.
Martedì 10 invece, medici, ricercatori, bambini e famiglie, sono stati portati a Cartagena de Indias: “un’esperienza unica, un’immersione, che ha fatto crescere in noi quel senso di vicinanza che soltanto un’occasione di questo genere lascia. Nei volti e nei racconti delle famiglie latino americane coinvolte dall’Huntington abbiamo ritrovato parti delle nostre storie”, prosegue Maria Grazia.
Ecco tutti i racconti delle nostre giornate: abbiamo raccolto immagini e interviste, come segno tangibile del nostro impegno, proseguendo l’evento in Vaticano dello scorso anno, perché l’Huntington non sia mai più nascosta.
“Abbiamo lavorato cercando di non perdere niente: tutto era tanto, importante, imperdibile, un susseguirsi di informazioni, emozioni, incontri…un flusso in cui ci hanno accolto, nel quale ci siamo immersi, oltre ogni previsione. Vedere per far sapere, condividere…” – Gionata Coacci, Huntington Onlus