Le operatrici e gli operatori di Huntington Onlus raccontano come le misure restrittive necessarie al contenimento dell’epidemia di Covid-19 abbiano comportato un ripensamento delle modalità di erogazione dei servizi. E non solo.
“Quando abbiamo cominciato a parlarne, a interrogarci, era già successo: pandemia, autocertificazione, smart working, quarantena.
La nostra esperienza a stretto contatto con le famiglie Huntington maturata in questi anni, racconta di una loro quotidianità alla ricerca di un equilibrio tra bisogni del malato e necessità del caregiver, tra tempo in cui la malattia corre e tempo che pare fermarsi: è un imparare continuo a convivere con un secondo nome che il destino ha attribuito loro. Le misure per il contenimento del virus ci hanno chiamato da un giorno all’altro ad una sospensione veloce dei colloqui con malati e famigliari, degli scambi tra noi in ufficio il martedì, dei gruppi ama, degli appuntamenti tra Padova e Torino, Cagliari e Milano.
Ci siamo trovati a domandarci cosa fare: in ogni nucleo familiare quasi sempre alle prese con una serrata pianificazione delle attività di cura, è andata in scena una riorganizzazione non pianificata che ha comportato un cambiamento di vita per il malato, privo tanto del supporto di una badante quanto impossibilitato ad accedere a strutture di sollievo e centri diurni, con ovvie ripercussioni sul suo stato d’animo; un cambio di vita per i famigliari, che tra le mura di casa, quella casa che muta nelle sue forme con l’evolvere della malattia, hanno dovuto ricomporre spazi per tutti e per sé, che spesso già solo, ad esempio, negli spostamenti dal lavoro di caregiver al lavoro fuori, quasi ricaricavano un po’ le batterie.
Ci siamo trovati a domandarci come fare: come essere, in un momento in cui ognuno di noi è stato chiamato ad un cambiamento della propria vita personale relazionale professionale, di supporto a coloro che devono “pensare doppiamente”? Con queste parole ha parlato di sé, ha descritto il suo lavoro di caregiver, una moglie alle prese con l’Huntington del marito, nel corso di uno degli ultimi incontri tenutisi sul territorio. Come rispondere a un simile bisogno, alle richieste di supporto che sono arrivate sempre più numerose, quando noi stesse stavamo cercando di trovare il nostro posto in una situazione così imprevista e imprevedibile, cercando di capire come svolgere il nostro lavoro diversamente da prima?
Il confronto con i colleghi dell’Associazione, l’analisi delle richieste che cominciavano ad arrivare, l’ascolto delle parole dei famigliari ci hanno guidato: abbiamo capito che era importante, per le nostre famiglie, non sentirsi ancora più sole, sentirsi pensate. E il modo che avevamo a disposizione per far arrivare questo messaggio poteva essere solo il digitale, le piattaforme on-line… Perché non provare? come non provare?
Abbiamo scritto o chiamato tutti coloro che avevano usufruito dei servizi nei mesi precedenti, abbiamo cominciato a fare le prove per il collegamento: quale link mandare, con quale link collegarsi, come far partire il video o come far sentire la propria voce e così, i gruppi di auto mutuo aiuto hanno trovato posto nelle agende di tutti, rappresentando per molti una risorsa preziosa, un tempo da dedicarsi o forse anche solo per assentarsi un po’ da quella nuova quotidianità della malattia, così intensa. Il superamento delle distanze geografiche ha permesso a famigliari di diverse regioni d’Italia di incontrarsi, di avviare una conoscenza…
Abbiamo deciso che il martedì poteva essere il giorno per dare un appuntamento fisso per chi avesse bisogno… e proprio perché alcuni interrogativi potessero trovare risposta, abbiamo caldeggiato la partecipazione ai webinar del giovedì, perché i famigliari potessero avere un esperto a cui rivolgersi senza doverlo cercare e qualche istruzione o linea guida da seguire.
Ripensare i servizi ci ha permesso di arrivare nelle case di numerose famiglie, sia di chi già ci seguiva sia di chi in questi mesi si è avvicinato per la prima volta alla nostra Associazione.
Difficile dire oggi, se e cosa abbiamo imparato da questa situazione. Sicuramente dobbiamo ringraziare di cuore tutti voi che avete sperimentato tutto questo con noi e con Huntington Onlus, permettendoci di stare insieme e lavorare sull’efficacia dei nostri servizi.”
Gli operatori di Huntington Onlus