>> martedì Settembre 8, 2015

AUGUSTO BIANCHI RIZZI: UN AMICO CHE NON C'E' PIU'

Il 24 ottobre è morto Augusto Bianchi Rizzi, figura molto nota ai milanesi, un avvocato di qualità, ma soprattutto un grande amante della cultura e dell’umanità che in essa si esprime.
Nella sua grande casa di Corso di Porta Venezia, accoglieva un cenacolo di amici per presentare artisti, condividere idee, resistere con gioia alle brutture dell’esistenza. Non un salotto, ma uno spazio “ludico-resistenziale”, era la sua definizione di quelle sere, note ai più come i “Giovedì del Bianchi”. Ai Giovedì si veniva ammessi per selezione amicale, ma si poteva essere cacciati da un Bianchi esasperato per comportamenti o idee nefaste e se non si spegneva il telefonino.
Nella serata organizzata, dalla moglie e dagli amici, al Teatro dell’Elfo, per tributargli un saluto collettivo, come sarebbe piaciuto a lui, con artisti e compagni che si alternavano sul palco – fra cui anche il saluto commosso del premio Nobel Dario Fo – c’erano migliaia di persone che l’avevano conosciuto e apprezzato. Fra queste anch’io, insieme a Chiara Zuccato. Eravamo lì per rappresentare l’Associazione Italiana Còrea di Huntington AICH Milano Onlus, e allo stesso tempo per cercare di lenire insieme agli altri il dolore per la triste notizia.
Da qualche anno Augusto Bianchi Rizzi si era avvicinato alla nostra associazione e con i suoi modi affettuosi e appassionati era diventato anche per noi “l’Augusto”, con quell’articolo davanti al nome che, in Lombardia, è un sottile segnale d’intimità.
L’Augusto era anche un bravissimo romanziere e autore di teatro. L’ultima sua raccolta di racconti, una semi-autobiografia dal titolo “Tre storie quasi d’amore”, è uscita di recente.
Non molti sanno che fra i suoi testi teatrali uno parla di malattia di Huntington. Si tratta della commedia drammatica “Veronica ha bruciato la torta”, messa in scena nel 2003. La trama narra di Veronica, una donna in crisi, che trova un nuovo senso delle cose e della vita grazie all’incontro casuale con un uomo il cui fratello è stato colpito dall’Huntington.
L’Augusto mi raccontò che aveva conosciuto la malattia dai racconti di un compagno di palcoscenico, che a sua volta si era occupato di un caro amico con l’Huntington. Era rimasto molto scosso dal modo in cui questa malattia mette in gioco temi essenziali per tutti gli essere umani: le relazioni, gli affetti, la famiglia, il rapporto con se stessi, il desiderio, la cura, il destino.
Egli cercava, come molti di noi, qualcosa che desse un senso a questa vita. La sua ansia di ricerca esistenziale era infettiva. Alcuni tendono all’assoluto, altri all’abisso, altri ancora alla solitudine. Lui era intensamente gioioso, era portato verso la creazione e la condivisione.
Fu rapito e affascinato dalla storia del gene dell’Huntington e dalla presentazione della Prof.ssa Elena Cattaneo delle ricerche del laboratorio di Milano. Curioso e intellettualmente aperto ad ogni novità che possa migliorare il mondo, volle portare la scienziata ai suoi Giovedì. Un’ Elena Cattaneo non ancora Senatrice a Vita. L’Augusto mostrò così un’altra delle sue straordinarie capacità: sapere cogliere i talenti, prima di molti altri.
Nella malattia di Huntington aveva certamente trovato qualcosa. Non sono in grado ora di dire esattamente cosa. Ma so che il suo interesse (molteplice, caleidoscopio, insistente, che mostrava verso la vita, di cui l’arte era una delle migliori manifestazioni) non era mai a caso. Era strutturalmente sintonizzato sulla qualità delle cose umane, magicamente capace di vedere le qualità di un artista più ancora dell’artista stesso, capace di mostrargliele, di esibirle agli altri.
L’ultima volta che lo vidi fu il 19 maggio al Teatro Parenti, per la presentazione del suo libro “Tre storie quasi d’amore”. Ci salutammo mentre sorseggiavo un calice di vino al buffet: mi venne incontro calorosamente, chiedendomi da bere. Appariva stanco e glielo dissi. Pensai allo stress dell’evento, non immaginavo che una malattia già lo stava provando. Fu un breve momento ma, col suo tipico modo allegro e affettuoso, mi comunicò quanto fosse felice che io fossi lì, quella sera. Sono certo che ognuna delle centinaia di persone presenti ricevette da lui lo stesso intenso trattamento, nonostante la fatica. Non era un gesto gratuito, era una cura dell’incontro, un gioire del fatto di essere lì tutti insieme, in quel momento. Come se i bei racconti che aveva scritto fossero solo un pretesto. La cosa veramente importante era rivedersi, ritrovarsi, dare insieme un senso a quella serata. E forse ancora di più: dare un senso alla vita stessa, resistere alle brutture dell’esistenza, alle sue tragedie, alle sue soffrenze.
Più recentemente, gli scrissi per parlargli dello spettacolo teatrale che il gruppo AICH delle famiglie di Bergamo aveva messo in scena sulla malattia di Huntington. Mi rispose rapidamente e giocosamente, chiedendomi se avessi fatto un video, che doveva assolutamente vedere. É triste pensare di non aver fatto a tempo a mostrarglielo.
So che stava lavorando a un nuovo testo teatrale, tutto dedicato all’Huntington. Mentre nel dramma del 2003 “Veronica ha bruciato la torta”, l’Huntington è sullo sfondo rispetto alle inquietudini esistenziali dei protagonisti, questa nuova opera sarebbe stata interamente dedicata a approfondire la vicenda e la complessa realtà di chi vive la malattia di Huntington.
Forse in quei dialoghi, ora incompiuti, ci avrebbe rivelato che cosa lo avesse attirato verso di noi, che cosa avesse visto nell’Huntington. Lui, così attento e sensibile all’arte e alle capacità umane, si era soffermato su questa malattia – mettendoci addirittura a disposizione il suo tempo e le sua abilità di organizzatore di eventi (indimenticabile la festa per la nomina di Senatrice a Vita di Elena Cattaneo) – perché aveva visto qualcosa che forse noi, che viviamo quotidianamente l’Huntington, non abbiamo fino in fondo compreso.
Qualcosa che è utile per tutti, qualcosa che – ci insegna Augusto – dobbiamo imparare insieme a raccontare, qualcosa capace forse di dare un senso alla vita stessa e aiutarci a resistere di fronte alle brutture dell’esistenza e alle sue sofferenze.

Ciao Augusto,
la tua dolcezza, il tuo impegno civile, la tua cultura, hanno reso migliore questo mondo.
Ci mancherai.

Claudio Mustacchi
Vicepresidente AICH Milano Onlus

 
Augusto Bianchi
 

L’avvocato e scrittore Augusto Bianchi Rizzi con la prof. ssa Elena Cattaneo
alla festa dell’AICH Milano Onlus
per la nomina della scienziata a Senatrice a Vita

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