Si sono da poco conclusi i lavori del XLIV Congresso della Società Italiana di Neurologia (SIN), che si è svolto a Milano dal 2 al 5 novembre. Il congresso ha dedicato un simposio alla Corea di Huntington intitolato “Malattia di Huntington: aspetti clinici, etici e ricerca di base”.
L’intervento di apertura è del Prof. Giuseppe De Michele dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” che ha spiegato la malattia in tutti i suoi aspetti descrivendone i sintomi motori, neurologici e psichiatrici. Ha poi spostato l’attenzione sui progetti in corso in Europa e in America per ottenere informazioni cliniche dai pazienti. L’obiettivo è creare un database utile ai ricercatori e ai medici per lo sviluppo di nuove terapie. In Europa sono attivi Registry, che sono un’iniziativa dell’European Huntington Disease Network (EHDN) e Predict, originariamente nato in America, guidato dall’Huntington Study Group e focalizzato sulla ricerca di fattori predittivi dell’esordio dell’Huntington in soggetti portatori della mutazione che non presentano i sintomi. Il Prof. De Michele ci parla anche del più ambizioso Enroll-HD che ha respiro mondiale perchè mira ad unire in un unico database le informazioni cliniche di pazienti americani (Nord e Sud America), europei, australiani ed asiatici. Raccogliere informazioni sulla storia naturale della malattia e reclutare pazienti per le future sperimentazioni cliniche è cruciale per trovare una cura efficace. Per questo tante sono le risorse impiegate per lo svolgimento di questi progetti. Per conoscere i centri clinici italiani coinvolti è possibile consultare il sito .
Sappiamo che è disponibile un test genetico per fare una diagnosi sicura di Còrea di Huntington. L’intervento della Dr.ssa Annalisa Bentivoglio, genetista dell’Università Cattolica di Roma, è sul test genetico e le procedure per accedervi. Ci spiega come la decisione di sottoporsi o non sottoporsi al test abbia diverse implicazioni nella vita di una persona a rischio di aver ereditato il gene. Il test non può essere prescritto da alcun medico, né consigliato da un famigliare. La decisione di sottoporsi al test genetico deve essere libera, cosciente, informata e fino all’ultimo reversibile. Il test non serve a predire l’età dell’esordio, nè la gravità della malattia o la sua evoluzione.
L’intevento della Dr.ssa Silvia Piacentini dell’Università degli Studi di Firenze è sulle terapie farmacologiche. Ci informa che i farmaci usati dai neurologi servono a contenere i sintomi ma non proteggono le cellule nervose dalla degenerazione. E’ quindi molto attiva la ricerca di farmaci neuroprotettivi a partire dalle conoscenze sui meccanismi alla base della malattia. Introduce, inoltre, altre strategie in fase di studio come la terapia cellulare sostitutiva (il trapianto di nuovi neuroni nel cervello) e descrive le problematiche e le difficoltà legate a questo approccio ancora tutto da capire e valutare.
La Prof.ssa Elena Cattaneo dell’Università degli studi di Milano ci parla infine di ricerca di base e il suo intervento è sul gene Huntington sano e la sua funzione. Ci descrive una nuova ipotesi di ricerca che nasce dalla considerazione che il gene sano è portato da tutti noi. Perchè l’abbiamo? A cosa serve? Se capiamo cosa fa il gene sano possiamo individuare cosa non va nel malato. Ci spiega, quindi, come il gene sano sia nato 800 milioni di anni fa nelle amebe che non hanno cellule nervose e cervello. Nasce in questi organismi cosi semplici per svolgere “funzioni sociali”, ossia permettere a cellule vicine di creare i primi contatti e comunicare. Poi nel corso dell’evoluzione, nel ramo che porta all’uomo, si specializza per guidare lo sviluppo e l’attività del cervello. La Prof. Cattaneo ci dice, inoltre, che le proprietà “pro-cervello” risiedono proprio in quella parte del gene che causa la malattia, il tratto di triplette nucleotidiche CAG. Nelle amebe, che non hanno cervello, il gene nasce innocente “senza le tre lettere”. Il primo CAG – e si tratta di 2 triplette – compare nel riccio di mare che possiede un sistema nervoso primitivo. Poi il tratto CAG si allunga nel corso dell’evoluzione fino a un massimo di 35 ripetizioni nell’uomo.
Perché l’evoluzione tende a conservare ed espandere i CAG nel gene Huntington attraverso i millenni?
E’ probabile che “tratti CAG progressivamente più lunghi” spingano verso la formazione di sistemi nervosi sempre più complessi e strutturati. Tra l’altro uno studio di un gruppo tedesco dice che le persone che hanno più triplette CAG nel gene sano sono anche quelle con più materia grigia. Il gene Huntington e il suo CAG possono quindi essere correlate con l’espansione del cervello? Ci sono delle caratteristiche positive nei malati che possono rivelarsi
nella prima fase della loro vita? Il CAG non rappresenta solo la mutazione che causa l’Huntington ma acquisisce un senso biologico determinante per la nostra evoluzione. Si aprono considerazioni enormi sulla Malattia di Huntington e nuove domande sul significato delle malattie genetiche e su un possibile loro ruolo nella nostra storia evolutiva.
Il congresso SIN è stata anche l’occasione per la nostra Associazione di partecipare alla riunione della FIAN (Federazione Italiana Associazioni Neurologiche) di cui siamo membri. Il tema trattato è quello dei malati e delle famiglie. Le malattie neurologiche rare come l’Huntington coinvolgono l’intera famiglia, psicologicamente ed economicamente. Si parla dell’importanza della formazione di operatori socio-sanitari ad hoc per seguire i malati. E’ purtroppo ancora difficile trovare le giuste competenze anche nelle strutture di accoglienza più all’avanguardia ed attrezzate. Le associazioni devono essere parte attiva nel processo di creazione di una rete di specialisti per la presa in carica del malato.
La rappresentanza Aich Milano al congresso SIN
Chiara Zuccato, Manuel Stefani, Elisabetta Caletti, Alessandra Ravot
>> martedì Settembre 8, 2015