L’esperienza di ognuno di noi può testimoniare quanto il tempo non sia oggettivo: ci sono giornate che paiono imprendibili e pomeriggi infiniti, dove le ore pesano di più di sessanta minuti e nella convivenza con la malattia di Huntington, queste sensazioni si amplificano.
L’Huntington è una maschera, una maschera dietro la quale la persona viene involontariamente nascosta: è questa la metafora che Jimmy Pollard – esperto nel campo della riabilitazione neuropsicologica per questa patologia – ha utilizzato per raccontare la malattia.
E così il familiare è chiamato nella maggior parte dei casi ad affiancare al lavoro fuori casa, un impegno quotidiano di assistenza e cura che «è un continuo svolgere qualsiasi cosa … e domani devo fare questo, e domani devo fare quello, e dopodomani quest’altro. Programmare tutto e cercare di non dimenticare nulla…» ma anche un cercare di andare oltre la maschera, a provare a decifrare messaggi contrastanti come “sbrigati e aspetta”, due concetti apparentemente opposti ma entrambi così contemporaneamente presenti.
Come Associazione non possiamo che interrogarci su come possa essere alleggerito – almeno un po’ – quel peso che la malattia porta con la sua attesa e la sua comparsa: una risposta che stiamo realizzando in questi mesi riguarda la vicinanza che possiamo offrire ai caregiver, far sapere, ricordare, che per loro, una porta a cui bussare, c’è.
L’azione della nostra equipe, all’interno del progetto “Secondo Nome Huntington. L’Huntington e la generazione dei figli” sostenuto con i fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese (www.ottopermillevaldese.org), è quella di “muoversi territorialmente” mettendosi in contatto con le persone coinvolte dall’Huntington – ad oggi sono oltre 80 le famiglie raggiunte – che si sono rivolte all’associazione dal Nord al Sud Italia, che abbiamo conosciuto negli eventi in Sardegna o in Veneto e negli incontri per familiari in Piemonte e in Lombardia, perchè possano portare dubbi e incertezze, perché abbiano modo di chiedere e ricevere informazioni…perché sentano una voce vicina: «ci sono dei giorni in cui si può anche brontolare… però ci sarebbe bisogno anche di consigli su come fare per tirare il fiato… Serve anche il tempo dove si può dire senza stare male: “Sono stufa..”…».
Sono parole, sono silenzi che prendono forma. E forse nel pronunciarli, cambiano un po’ quella forma, diventando grazie a quel tempo della condivisone, più lievi.
Per informazioni: segreteria@huntington-onlus.it – 345 4987911