Dall’articolo di HDBUZZ della Dr. Emma Bunting, una traduzione italiana a cura di un volontario di Huntington Onlus.
Tratto da HDBuzz, scritto dalla Dott.ssa Emma Bunting e redatto dalla Dott.ssa Leora Fox. Un gene chiamato MSH3 aiuta i processi naturali di riparazione del nostro DNA, ma quando è presente il gene mutato responsabile della malattia di Huntington, il suo meccanismo di riparazione può incepparsi causando un ulteriore allungamento incontrollato della catena CAG. I ricercatori hanno scoperto nuovi dettagli sui meccanismi che controllano l’attività del gene MSH3 aprendo le porte a nuove vie di cura. Vari studi genetici hanno mostrato come il gene MSH3, che codifica una proteina coinvolta nella correzione e “manutenzione” del nostro DNA, sia coinvolto come elemento chiave nell’avanzamento della malattia di Huntington. Una recente pubblicazione da parte di un team di ricercatori dell’Università Nazionale d’Irlanda (Galway) ha approfondito la comprensione di come la proteina codificata dal gene MSH3 viene controllata all’interno delle nostre cellule e questo può aiutare nel fornire informazioni utili alla costruzione di nuovi farmaci che potrebbero rallentare o anche prevenire l’insorgere della malattia di Huntington. MSH3 – Un’arma a doppio taglio? La proteina MSH3 ha la funzione di correggere eventuali errori genetici che si vengono a formare normalmente nella vita di tutti i giorni proteggendo così l’integrità del nostro genoma. Questa proteina lavora scansionando costantemente il nostro DNA alla ricerca di eventuali errori e coinvolgendo altre proteine per la correzione in un processo chiamato “riparazione del DNA” (mismatch repair). I processi attraverso i quali le nostre cellule riparano il nostro DNA sono molto interessanti per cercare di sviluppare nuove terapie per l’Huntington. L’Huntington è causato dall’inusuale eccessiva ripetizione della tripletta CAG all’interno di un nostro gene detto a sua volta gene dell’huntingtina. (Nota: Le lettere C, A e G rappresentano 3 dei 4 blocchi base che costituiscono tutto il nostro DNA, la quarta si chiama T, queste 4 lettere si chiamano blocchi base perché attraverso la loro unione viene costruito tutto il nostro DNA, potremmo immaginarli come 4 mattoncini lego che uniti tra di loro milioni di volte formano la catena di DNA). All’interno del cervello degli individui che già hanno una ripetizione eccessiva della tripletta CAG, questa ripetizione risulta “instabile” e suscettibile di ulteriore incontrollato allungamento. Questo significa che nel corso della vita di questi individui, il numero di ripetizioni continuerà ad aumentare (fino a oltre mille ripetizioni) attraverso un processo chiamato “instabilità somatica” (o espansione delle ripetizioni del DNA). Per la maggior parte delle malattie legate ad una particolare ripetizione di una parte del DNA come l’Huntington, più questa porzione si allunga peggiori diventano i sintomi. Quando la proteina MSH3 incontra un’eccessiva ripetizione della tripletta CAG, la riconosce giustamente come errore ma, tentando di ripararla, introduce nuove ripetizioni facendo così peggiorare la situazione! Come possiamo prevenire che ciò avvenga? Se fossimo in grado di creare un farmaco capace di fermare la proteina MSH3 dal commettere questo errore, potremmo rallentare o prevenire il processo di espansione somatica e quindi rallentare – o addirittura fermare – la malattia di Huntington. Ma è possibile ottenere questo risultato senza impedire alla proteina MSH3 di proteggere il nostro codice genetico? Di solito quando vengono meno i processi di riparazione del DNA, può sorgere ogni tipo di problematica causata dall’accumulo di danni al DNA – come il cancro per fare un esempio. La cosa molto importante relativa agli studi fatti fino ad ora è che bloccare il processo di riparazione che coinvolge MSH3 non sembra avere particolari effetti collaterali come invece succede bloccando altri processi di riparazione noti. Esistono sistemi di riparazione alternativi che entrano in funzione quando la proteina MSH3 non è in funzione rendendola un bersagli ideale per un farmaco che possa renderla meno attiva. Quindi cosa c’è di nuovo? Se possiamo creare un farmaco capace di fermare la proteina MSH3 dal compiere questo errore, possiamo rallentare o fermare il processo di espansione somatica e di conseguenza rallentare la malattia di Huntington – o addirittura fermare il suo avanzamento. Le nostre cellule sono in grado di rallentare il funzionamento di MSH3 aggiungendo una particolare firma chimica (chiamata gruppo acetile, un particolare composto chimico che si può aggiungere e togliere alle proteine) a questa proteina ed allo stesso tempo le nostre cellule possono rendere invece più attiva la stessa proteina rimuovendo il gruppo acetile. Se MSH3 lavora velocemente, è anche in grado di aumentare più rapidamente l’espansione somatica quindi i ricercatori vorrebbero prevenire la rimozione della firma acetile in modo da lasciare la proteina nella forma meno attiva. Alcuni studi precedenti, suggeriscono che la proteina HDAC3 è coinvolta nel processo di rimozione della firma acetile. All’Università Nazionale d’Irlanda (Galway) è stato studiato un farmaco in grado di bloccare l’attività della proteina HDAC3 osservando poi gli effetti sulle ripetizioni somatiche. Cosa hanno trovato? Hanno scoperto che il farmaco è in grado di fermare l’espansione della ripetizione CAG nelle cellule umane e soprattutto hanno scoperto che questo NON altera gli altri importanti meccanismi di riparazione del DNA suggerendo che questa terapia non porterà come controindicazione un aumento di rischio nella formazione di tumori. Nel corso dei loro studi hanno anche meglio compreso come la proteina HDAC3 controlla l’attività di MSH3. Le proteine hanno al loro interno una sorta di codice che funziona come un “codice postale” che gli da accesso a determinate aree della cellula. Normalmente MSH3 viene indirizzata nel nucleo dove è in grado di interagire con il DNA riparandolo ma anche introducendo nuovi errori quando incontra un eccessivo numero di ripetizioni CAG (Huntington). L’aggiunta del gruppo acetile, altera il “codice postale” impedendo ad MSH3 di arrivare al nucleo e quindi le impedisce di aumentare il numero di ripetizioni CAG. Cosa significa tutto questo? Lo studio dell’Università Nazionale d’Irlanda suggerisce un nuovo meccanismo di regolazione legato all’espansione delle ripetizioni all’interno del DNA attraverso la rimozione del gruppo acetile dalla proteina MSH3 da parte della proteina HDAC3. Questo potrebbe spiegare come mai alcuni pazienti con alcune versioni di MSH3 (ci possono essere lievi differenze tra un individuo ed un altro che portano anche a lievi differenze di attività delle proteine) hanno una progressione della malattia più lenta, se, ad esempio, il loro gruppo acetile fosse più difficile da rimuovere. Come fa il farmaco a ridurre l’espansione somatica? Quando un gruppo acetile è addizionato alla proteina MSH3, essa viene diretta al di fuori del nucleo dove non può interagire con il DNA causando l’aumento del numero di triplette nei pazienti huntington. La proteina HDAC3 ha il compito di rimuovere il gruppo acetile consentendo alla proteina MSH3 di entrare nel nucleo svolgendo la sua funzione. Quando i ricercatori trattano le cellule con il farmaco, HDAC3 non è più in grado di togliere il gruppo acetile dalla proteina MSH3 che rimane bloccata fuori dal nucleo e quindi non può interagire con la ripetizione CAG introducendo nuovi errori. La visione dei meccanismi di sviluppo della malattia di Huntington da questo punto di vista (la ripetizione incontrollata delle triplette CAG nel cervello lungo il corso della vita) apre le porte allo studio di nuovi farmaci in grado di rallentare questo processo. In particolare da quando è stato affermato che inibire la proteina HDAC3 non influisce sulla fondamentale funzione di riparazione del DNA (pare infatti che in seguito all’inibizione della via che coinvolge MSH3, entrino in funzione altri meccanismi sostituitivi). Il farmaco utilizzato nello studio dell’Università Nazionale d’Irlanda è potente, selettiva e già piuttosto ben studiata per essere un’ottima candidata per uno studio clinico. Detto questo non si può ancora escludere che interagire con la proteina HDAC possa portare ad altri effetti indesiderati sulle cellule. Dobbiamo essere sicuri che i farmaci in grado di interagire con HDAC3 siano sicuri e con un numero litato di effetti collaterali. In più è anche necessario trovare un modo di fare arrivare il farmaco nelle zone più profonde del cervello affette dalla malattia di Huntington, cosa che tende ad essere piuttosto difficile. Per concludere, il lavoro presentato è molto promettente ma c’è ancora molto lavoro da fare prima di poter parlare di questo farmaco come di una potenziale terapia. Per leggere l’articolo in lingua originale, clicca qui. |