Dal 4 al 6 ottobre l’Associazione ha preso parte all’appuntamento internazionale dedicato alla malattia di Huntington a Bucarest
Più di 200 persone provenienti da tutta l’Europa, medici, ricercatori, professionisti della cura e dell’assistenza e le Associazioni, si sono ritrovati, insieme a pazienti e familiari, a Bucarest per partecipare all’European Huntington Association Conference 2019: tre giornate dedicate alla Malattia di Huntington, dalla cura del paziente alla ricerca scientifica.
Attraverso conferenze e workshop sono state approfondite tematiche legate all’attività di cura quotidiana, e ci sono stati momenti di riflessione e confronto sulle scelte che accomunano e coinvolgono tutti coloro che sono costretti a confrontarsi con la Malattia di Huntington, come la decisione di sottoporsi o meno al test genetico. Sessioni parallele sono state dedicate alle varie fasi della malattia, allo scambio di buone pratiche per la cura domestica, con focus sulla gestione dei pazienti in fase avanzata, sui problemi di disfagia, sulla sessualità. Il tutto è stato accompagnato da attività ricreative, come passeggiate, corse e una vera e propria partita di calcio, per stare insieme e conoscersi meglio.
L’obiettivo con cui nasce questo appuntamento è quello di essere più forti insieme – come recita lo slogan stronger together che ha accompagnato queste giornate: creare connessioni tra tutti coloro che si occupano di Huntington attraverso l’istituzione di uno spazio dove scambiare esperienze, competenze, condividere sentimenti e riflessioni, uno spazio per aggiornarsi, per informare e informarsi, per confrontarsi con chi sta affrontando gli stessi ostacoli di fronte alla malattia.
“Come tutte le manifestazioni di questo genere, per me che mi sento sempre coinvolta in prima, seconda e terza persona, l’emozione la fa da padrone. Questo non vuol dire che non si possano trarre spunti di riflessione per me e per chi mi sta vicino. All’interno di questi convegni ritrovo sempre un momento di condivisione tra le diverse parti in gioco: i malati, le famiglie, i ricercatori, i caregivers, e questo ci dà sempre un momento di profonda umanità, quello che a volte questa come altre malattie ci toglie.”
Silvia Amoriello, socia di Huntington Onlus
Nel corso della sessione di venerdì pomeriggio la presidente Chiara Zuccato ha mostrato ai partecipanti il docu-film “To be Huntington or not”, realizzato dall’Associazione in occasione del festival Uno sguardo raro 2019: un intrecciarsi di storie e di vissuti di giovani tra l’Italia e l’America Latina, uniti oltre i confini geografici dagli stessi ostacoli che l’Huntington costringe ad affrontare, dalla stessa forza e dallo stesso coraggio di fronte alla malattia.Il convegno è stato anche un’importante occasione per professionisti, pazienti e familiari per ascoltare dalle case farmaceutiche le ultime notizie sulle sperimentazioni scientifiche di silenziamento genico in corso.
- Scott Schobel di Roche International ha descritto la fase III dello studio clinico Generation HD1, attivo anche in Italia con 6 centri clinici coinvolti.
Ha spiegato come i geni non siano direttamente usati per costruire le proteine: le informazioni sono copiate su una molecola intermedia chiamata RNA messaggero che è uno stampo per la sintesi della proteina. La molecola sperimentale (ASO, nucleotidi antisenso) agisce legandosi in modo specifico all’RNA messaggero del gene Huntington e lo degrada, bloccando quindi la formazione di proteina tossica. Lo studio di fase 1/2 partito nel 2015 ci ha permesso di capire che la molecola è sicura e non crea effetti collaterali. Viene somministrata mediante iniezione intratecale e raggiunge il cervello dove blocca la produzione della proteina huntingtina mutata.
Il trial di Fase III da poco iniziato è in doppio cieco, per cui né il partecipante alla sperimentazione né il medico sanno se ad essere somministrata sarà la molecola silenziante o il placebo: i pazienti saranno divisi in tre gruppi, al primo gruppo il farmaco verrà somministrato ogni due mesi; al secondo, ogni due mesi il farmaco verrà alternato al placebo, al terzo verrà somministrato solo il placebo.
I risultati dello studio sono attesi fra tre anni. Solo allora sapremo se la molecola è efficace nel contrastare i sintomi della malattia e la sua progressione. Shobel ha voluto sottolineare i 6 anni di impegno di Roche in questo progetto e ha precisato che far parte della sperimentazione Generation HD1 è un impegno collettivo, uno sforzo comune di scienziati, famiglie e case farmaceutiche.
- Per l’azienda biotecnologica americana Wave Life Sciences , Serena Hung ha parlato della sperimentazione PRECISION-HD (di fase 1b/2a). In particolare, sono due le sperimentazioni in corso, chiamate PRECISION-HD1 e PRECISION-HD2
L’obiettivo è studiare due nuove molecole silenzianti chiamate WVE-120101 e WVE-120102. A differenza della strategia silenziante di Roche, che non distingue tra la copia sana e quella mutata del gene Huntington, PRECISION-HD di Wave utilizza un approccio allele-selettivo, che mira al silenziamento esclusivo del gene mutato mantenendo attivo quello sano. WVE-120101 e WVE-120102 sono molecole ASO in grado di riconoscere due particolari mutazioni del DNA (dette SNPs) presenti esclusivamente nel gene Huntington mutato e di conseguenza copiate anche all’interno del suo messaggero. Un passo cruciale è, quindi, sequenziare il gene Huntington del paziente per identificare o meno la presenza sulla copia mutante di uno degli SNPs prima di procedere con la somministrazione. Da studi precedenti sappiamo che il 70% dei pazienti Huntington portano gli SNPs identificati che quindi risultano essere molto comuni nella popolazione malata. Ad essere valutata sarà la sicurezza e tollerabilità del trattamento. I due studi, in doppio cieco, sono attivi in 4 paesi (Australia, Danimarca, Polonia e Regno Unito) ed ad essere coinvolti sono un totale di 96 pazienti. Questo approccio è importante perché la proteina sana ha funzioni neuro-protettive per il cervello e la sua inattivazione a lungo termine potrebbe essere dannosa.
Farmaci antisenso come quelli di Roche e di Wave sono fatti di DNA, ma quel DNA quando somministrato non è incorporato permanentemente nelle cellule del paziente che riceve il trattamento. Gli ASO vengono infatti veicolati mediante iniezione intratecale e sono previste più somministrazioni delle molecole.
- UniQure con Melvin Evers propone un approccio basato sulla terapia genica, ossia una strategia che comporta l’inserimento di nuove istruzioni genetiche nelle cellule mediante l’utilizzo di virus modificati.
Gli scienziati hanno lavorato per decenni con un piccolo virus noto come virus adeno-associato. I virus hanno un obiettivo: entrare in una cellula e fare in modo che quella cellula copi più volte il loro DNA in modo da produrre più particelle virali. Normalmente tutto questo è piuttosto dannoso e la cellula muore. Gli scienziati sanno però come inattivare la tossicità di un virus e sanno anche inserire nel suo DNA istruzioni utili alle cellule.
L’obiettivo di UniQure è trasformare i neuroni in “piccole fabbriche” che producono molecole in grado di legarsi al messaggero, sia sano che mutato, del gene Huntington, e di promuoverne la degradazione. Per infettare i neuroni serve una procedura neuro-chirurgica sul cervello eseguita in anestesia totale. Un neurone “infettato”per tutta la sua vita sarà in grado di produrre molecole silenzianti. La modificazione che ha subito diventa, quindi, permanente. Esperimenti nei modelli animali di malattia hanno dato risultati promettenti in termini di sicurezza ed efficacia. Da qui l’idea di estendere la sperimentazione al paziente con l’approvazione da parte della FDA di uno studio clinico di Fase 1/2 negli stati Uniti. Il virus usato, AMT-130, non distingue tra la copia sana e mutata del gene, verrà iniettato a 26 pazienti a partire da ottobre 2019 e l’obiettivo primario è studiarne la sicurezza. Se il virus iniettato portatore del “sistema silenziante” sarà ben tollerato e sicuro non serviranno altri interventi durate l’intera vita del paziente. Lo studio in doppio cieco, prevede un’unica somministrazione. Si testeranno due diverse dosi di virus AMT-130 ed è compreso il placebo, ossia lo svolgimento della procedura chirurgica in assenza di somministrazione di AMT-130. Una volta fatta l’iniezione non si potrà più agire sul virus per incrementarne l’attività o per spegnerlo se fosse poco tollerato. La strategia potrà, quindi, essere ad alto rendimento ma anche ad alto rischio.
“Le strade aperte sono tante e questo dimostra quanta ricerca e quanto impegno la comunità di scienziati e medici sta dedicando alla malattia di Huntington. Al momento non ci sono risposte sull’efficacia dei trattamenti ma questo sforzo complessivo deve dare a tutta la comunità Huntington una grande speranza. Nell’attesa di una cura, come Associazione siamo impegnati in un lavoro di cura quotidiano, perché le famiglie coinvolte dalla malattia non si sentano più sole, perché trovino le risposte ai bisogni nella gestione di ogni giorno della malattia.” Chiara Zuccato – Presidente Huntington Onlus