Adesso sono tornata, però, da uno psicologo perché mi aiuti ad affrontare questo tema con mio figlio, perché è arrivato il momento di farlo. Finora ho aspettato perché lui ha già sofferto per la separazione e il divorzio dei suoi genitori, e dato che io sto ancora bene, non è che lui può pormi delle domande: “Perché tremi mamma, perché dici stupidaggini” o altro. E così ho procrastinato fin adesso. Uno. Seconda cosa: perché fino alla maggiore età comunque non si può fare niente. Terza cosa: stava facendo l’esame di maturità, era tesissimo e ho deciso di lasciargli fare l’esame… la scelta universitaria, che scegliesse lui. E adesso è arrivato il momento… un traguardo che è arrivato, al quale non posso scappare […] non posso aspettare ancora, perché già mi potrà dire: “Perché non me l’hai detto fino ad adesso” e gli spiegherò il perché. Se potrà, mi perdonerà e se no accetterò quel che devo. […] Sono tornata dallo psicologo come per aprirgli una porta qualora, e mi auguro non accada, riconosca il bisogno di essere sostenuto, e quindi è come avergli preparato il percorso.
Tratto da “I RACCONTI DELL’HUNTINGTON. Voci per non perdersi nel bosco“.
Tante storie in un solo libro per raccontare la difficoltà del dover comunicare ai figli una malattia ereditaria come l’Huntington. Per i figli questo è un momento cruciale perché hanno fatto, o faranno, esperienza delle conseguenze dell’Huntington attraverso la malattia dei propri cari e, proprio in quel momento, devono fare i conti con una difficilissima decisione: sottoporsi o meno al test genetico predittivo.
Come ogni mercoledì, un altro racconto da condividere, aspettando di leggerne molti altri insieme in occasione della presentazione del libro, il giorno 28 febbraio alle ore 18, a Milano.
Non prendere impegni, noi ti aspettiamo!