Quel sabato mattina, a Milano, pioveva: di quella pioggia costante che non si è fermata nemmeno un momento, accompagnando uno ad uno, tutti i partecipanti che, piano piano, hanno cominciato ad affollare la stanza riservata all’evento Huntington: parlarne si può. Lo faremo insieme.
Ci siamo rivisti a distanza di tempo, ci siamo visti per la prima volta, ci siamo rivisti nelle parole dell’altro, nel suo guardarsi attorno, come nel suo tacere. Nella definizione di Huntington come secondo nome, sono contenuti diversi riferimenti: l’ereditarietà come la compresenza di più malati contemporaneamente; la vita di ogni componente del nucleo familiare che cambia rispetto al destino, all’ipotesi, all’attesa, alla comparsa della malattia; l’attività di cura svolta per lungo tempo, all’interno delle mura domestiche, da un caregiver familiare. E poi c’è quella dimensione che attraversa ancora oggi le storie che incrociamo e che è fatta di isolamento, silenzio, vergogna, a cui abbiamo voluto dedicare l’incontro.
A introdurre i lavori e a moderare la tavola rotonda – che nel corso della mattinata si è rivelata un dialogo aperto tra relatori e pubblico – la Presidente Elisabetta Caletti.
L’Assessore al Welfare e Salute del Comune di Milano, Lamberto Bertolè impossibilitato a venire in presenza, ha inviato un messaggio: “…mi spiace molto di non poter essere con voi oggi, ma ci tenevo a esprimere il mio sostegno e la mia vicinanza in questo giorno così importante. Quando si affronta una situazione complessa … mettersi in rete è spesso l’unico modo per non sentirsi soli nella propria battaglia. Sapere che altri stanno attraversando le nostre stesse difficoltà, riconoscere nei loro occhi la nostra stessa fatica ci fa sentire compresi. È proprio per questo che voglio ringraziare chi tutti i giorni porta avanti l’attività di associazioni come Huntington Onlus, una risorsa preziosa per i pazienti e i loro familiari, caregiver e amici, perché promuovono il dialogo e lo scambio di esperienze e conoscenze. Su questa strada anche le istituzioni sono al vostro fianco, con l’impegno di lavorare per il superamento dello stigma che spesso colpisce chi è affetto da malattie così rare e poco conosciute.”
Nel suo intervento il Direttore di LEDHA Giovanni Merlo ha evidenziato come la disabilità è barriera se vi è mancanza. La parola diritti e la sua concretizzazione, richiedono il contributo di tutti, degli enti e delle istituzioni preposte come del singolo: dalla diffusione di informazioni, al trovare soluzioni possibili alle difficoltà, al costruire percorsi che le rendano sempre più accessibili, perché entrate nella quotidianità, siano meno necessarie. E così Lorenzo Nanetti, neurologo Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, ha sottolineato quanto sia fondamentale nel proprio lavoro come nell’ambito della ricerca e delle sperimentazioni, la relazione con il malato, con ogni singolo malato perché è questo che consente allo specialista tanto di andare oltre alla malattia quanto di approfondirne la conoscenza, per continuare a cercare tutti insieme la cura.
Ha poi preso parola Dominga Paridi referente del supporto psicologico della nostra Associazione che ha condiviso la sua esperienza con le famiglie Huntington, tanto con la loro difficoltà di dare una qualche forma ai propri vissuti quanto con l’importanza di farlo, non solo per il malato ma anche per i suoi cari, perché attraverso la verbalizzazione, lo scambio, il provare a maneggiare emozioni e sentimenti, è possibile trovare orizzonti di senso, risorse, strumenti per affrontare tutti i cambiamenti che la malattia porta inevitabilmente con sé.
Fondazione Telethon ETS ha voluto essere presente con un video messaggio. “Se ci mettiamo tutto l’impegno possibile, il sacrificio la passione, il tempo … se stringiamo i denti, non dormiamo, sopportiamo la fatica, guardiamo solo avanti, allora possiamo farcela da soli? La risposta è no, non sempre. Spesso senza una mano che si allunga che per afferrare la nostra e che nel momento peggiore ci sorregge e ci tiene a galla, è impossibile farcela. Gli altri possono fare la differenza”. Le parole di Mario Calabresi lette da Laura Romano Relazioni con Pazienti e Associazioni, sono state un meraviglioso passaggio di testimone a due delle autrici di Rockstar. Il coraggio di darsi la possibilità che ci hanno raggiunto da Verona.
Elisa Zoldan, a fianco della giovane Sara Falsiroli, malata di Huntington che del Libro ha curato tutte le illustrazioni, ha raccontato come quelle pagine nate da una conoscenza reciproca cresciuta nel tempo, siano state un’occasione preziosa per capirsi e soprattutto desiderino essere una testimonianza concreta di come i “sogni sono diventati fondamentali quando sembravano impossibili… finché erano facilmente realizzabili restavano in attesa del momento buono. Ed invece eccoti qui a realizzarli proprio quando la paura che fossero ormai dimenticati ti ha dato il coraggio di renderli possibili”.