La mia conoscenza della malattia di Huntington risale a quando ho avuto la comunicazione della diagnosi di mia sorella. Lei lavorava in ospedale. Da qualche mese aveva disturbi e una sua collega psichiatra suggeriva che fosse qualcosa di psichiatrico. Io le ho detto che a mio parere era altro, perché ci siamo accorti di problemi di sbandamento nel camminare; quindi poteva essere un problema neurologico. Così ha fatto tutti gli accertamenti e per scrupolo anche la ricerca dell’Huntingtina. Ero andata ad accompagnarla e avevo lasciato anche il mio numero, così il medico ha telefonato a me. Questo mi dice: ” Guardi, devo darle una brutta notizia, sua sorella ha l’Huntington”. A me è caduto il mondo. Perché poi uno legge subito, va a consultare anche tutta quella partita della genetica… Quindi non solo lei… Tutti. Questo è il primo contatto con l’Huntington. Ed è stato pazzesco. Il medico ha detto di incontrarci il sabato ed eravamo a metà settimana… non ricordo bene, ma sicuramente l’ho detto ai miei genitori. Mia sorella, una volta che le è stato comunicato, sapeva benissimo cos’era l’Huntington e sapeva come sarebbe andata a finire. È stata molto pesante.
Tratto da “I RACCONTI DELL’HUNTINGTON. Voci per non perdersi nel bosco“.
Un libro che dà voce a quel momento in cui si capisce quello che sta succedendo: è il momento della presa di coscienza a tracciare un confine. La consapevolezza dell’Huntington irrompe nella vita delle persone come una tempesta che si scatena all’improvviso e obbliga a riposizionarsi verso gli altri e verso se stessi.
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